FIABATERAPIA PER LA COLITE
Da molti anni utilizzo le fiabe nel trattamento dei disturbi fisici: far inventare una fiaba permette al paziente di dare espressione simbolica ai suoi vissuti interiori e di rappresentare con immagini fantastiche il significato della sua malattia, fornisce una mappa dei conflitti e al tempo stesso li orienta verso una soluzione positiva: è già in sé una forma di terapia.
Vediamo come ho usato la fiaba con Rossana che soffriva di una colite molto grave, con parecchie scariche di diarrea al giorno: una condizione che durava da un anno e mezzo senza remissioni nonostante le molte cure farmacologiche.
LA VITA DI ROSSANA
Rossana era stata una bimba modello: sempre la prima della classe.
E ci teneva molto perché voleva dimostrarsi all’altezza delle aspettative del padre, un avvocato famoso che voleva che la figlia eccellesse in ogni campo. Fin da piccola era molto disciplinata, ordinata e obbedientissima. Ma si era anche sentita molto sola e soprattutto sempre timorosa di non esser mai brava abbastanza.
Finita l’università con il massimo dei voti era stata introdotta dal padre in una grossa azienda multinazionale e qui aveva fatto un’eccellente carriera raggiungendo ancora giovane una posizione di grande responsabilità.
Aveva pochi amici e poche relazioni sociali e sul lavoro era considerata una iena.
Ma un paio d’anni prima c’era stato un completo cambio di guardia ai vertici dell’azienda: erano arrivati nuovi direttori dalla sede centrale estera e Rossana si era ritrovata da un giorno all’altro esautorata dalle sue precedenti mansioni e del tutto isolata. Aveva provato a opporsi ma senza successo e non era riuscita ad adattarsi alle nuove funzioni. Alcuni colleghi poi (un tempo suoi sottoposti) adesso le stavano facendo pagare la sua precedente arroganza facendole piccoli dispetti di ogni tipo.
Da circa un anno e mezzo (e in coincidenza con questi cambiamenti) la stitichezza cronica si era improvvisamente trasformata in diarrea e la sintomatologia andava peggiorando così rapidamente da far temere un evolversi in colite ulcerosa.
LA FIABA
“C’era una volta uno gnomo dei boschi, che accumulava i suoi tesori in fondo a un pozzo profondo, scavato sotto le radici di un albero. Lo gnomo era piccolo e rinsecchito, con una lunga barba bianca, e non aveva amici: stava antipatico a tutti perché lo ritenevano maligno. E lui in tutta risposta diventava ancora più scorbutico. Odiava in particolare i bambini perché si burlavano di lui e gli tiravano la barba. Gli adulti invece non riescono a vedere gli gnomi.
A volte scavava in miniera e trovava delle pietre preziose, altre volte le rubava ai mercanti di passaggio, e la sua unica consolazione era andarsi a guardare il suo bel tesoro luccicante e tenerselo ben stretto.
Ma un brutto giorno andò al nascondiglio e lo trovò vuoto! Completamente vuoto: era sparito tutto, rubato… Allora si dispera e piange e strilla e grida, ma nessuno gli dà retta. Anzi gli abitanti della foresta sembrano quasi godere delle sue disgrazie…
Così decise di andare a chiedere aiuto alla Fata della foresta e si recò da lei con un viaggio lungo e faticoso, ma quando arrivò lei gli chiese: “ Era tuo quel tesoro? Come lo avevi guadagnato?” E lo gnomo, che non voleva dirle dei furti ai mercanti, scappò via pieno di vergogna.
Ma era talmente disperato che decise di tentare un’altra possibilità e andò dal Mago dei boschi che viveva sulla montagna. Ma quello fu ancora più brutale e gli disse: “ Non è affar mio recuperare tesori: arrangiati e cercatelo da solo!”
Adesso il povero gnomo è completamente disperato e vuole solo morire”.
IL SIGNIFICATO DELLA FIABA
La fiaba inventata da Rossana si interrompe qui, e non riesce ad andare avanti verso il lieto fine.
Questo capita spesso con i pazienti all’inizio della terapia: i problemi vengono rappresentati simbolicamente ma non hanno ancora trovato una soluzione. E’ proprio per questo che inventare una fiaba fornisce dell’ottimo materiale di lavoro!
Ho riproposto i temi emersi e ne abbiamo parlato insieme. Secondo Rossana lo Gnomo della fiaba era una sua auto-rappresentazione, anche lei si era sempre sentita un po’ così: una bambina già vecchia per le troppe responsabilità, senza amici della sua età e ‘non vista’ dagli adulti. Una bambina che curava i suoi successi scolastici come se fossero i suoi unici tesori: l’unica consolazione in un ambiente ben poco affettuoso. E anche l’unico risultato per il quale veniva apprezzata dai genitori e vedeva riconosciuto il suo valore.
In termini simbolici riferiti alla corporeità il “nascondere tesori e custodirli gelosamente” può essere una rappresentazione infantile della stitichezza cronica che l’ha accompagnata fin da bambina.
Rossana collega la sparizione del tesoro ai recenti avvenimenti lavorativi e alla perdita di ruolo. Dice che il deludente viaggio dello gnomo per chiedere aiuto alla Fata della foresta e al Mago dei boschi assomiglia molto quello che era successo a lei quando aveva cercato di rivolgersi alla Direzione centrale dell’azienda.
Ma forse si trattava di ricordi di vicende molto più antiche, perché le Fate e i Maghi delle fiabe possono rappresentare gli archetipi materno e paterno e nella realtà di Rossana la madre e il padre non l’avevano aiutata per niente da bambina, quando si sentiva priva di valore, e non erano stati per lei una presenza molto rassicurante o protettiva.
La fiaba si interrompe con lo Gnomo disperato che vuole solo morire e in quel periodo anche Rossana era nella fase più cupa di sconforto: si sentiva del tutto svuotata (anche fisicamente dagli episodi di diarrea) e senza più speranze, oltretutto derisa dai colleghi sul lavoro.
LA FIABA CONTINUA
Tempo dopo chiedo a Rossana di provare a riprendere la fiaba là dove si era interrotta e lei racconta:
“Mentre lo Gnomo era lì che aspettava la morte, arriva una vecchina che andava a far legna nel bosco: sente i suoi gemiti, ne ha compassione e lo porta a casa sua. E’ una brava donna e si mette a curarlo come se fosse un bambino. Gli chiede solo di aiutarla a spaccare la legna, ma per il resto lo nutre e lo cura come un figlio.
E magicamente una mattina accade che lo gnomo si alza e scopre di essere davvero uno gnomo-bambino: la sua lunga barba bianca è sparita e il suo volto raggrinzito è ritornato roseo e disteso come quello di un bimbo.
Continua a crescere lì e diventa più grande. Finché un bel giorno la vecchina gli dice: “Figlio mio, questo non è più il posto adatto a te: stai diventando un bel ragazzone grande e grosso e devi stare con i tuoi amici gnomi e non con una vecchia carampana come me! Andiamo insieme nel bosco a cercarli!”
Vanno nella foresta e gira e rigira alla fine trovano un bel gruppo di gnomi dei boschi, che accolgono Fritz, perché questo era il suo vero nome, come uno di loro e così lui rimane a vivere con loro e finalmente può far la sua vita come un vero gnomo: felice e contento in mezzo ai suoi pari…”
QUALE SOLUZIONE PROSPETTA QUESTA FIABA?
A me sembra una bellissima rappresentazione simbolica di un percorso di crescita e di guarigione.
Nelle fiabe, quando l’eroe-protagonista è un bambino, occorre sempre che come prima mossa trovi un luogo adatto per completare il suo percorso di crescita, prima di continuare per nuove avventure. Appaiono vecchine misericordiose o altre figure fantastiche che di fatto svolgono la funzione materna positiva che prima era mancata. Ma che alla fine lasciano libero il protagonista di continuare per la sua strada, e lo aiutano/incoraggiano a proseguire il suo cammino.
Rossana si portava dentro delle carenze affettive antiche: era stata davvero una bambina che non aveva ricevuto il nutrimento affettivo necessario per crescere, e aveva tirato avanti con molta fatica sotto le spoglie di un vecchio gnomo rinsecchito, avaro e senza amici, finché non era crollata di fronte a una difficoltà della vita che l’aveva spogliata di quelli che credeva fossero i suoi unici tesori: i suoi successi professionali.
Per riprendere il suo percorso di vita e riuscire ad allacciare dei rapporti affettivi paritari con gli altri, le occorreva innanzitutto trovare un luogo simbolico dove poter completare la sua crescita naturale, e anche una “madre buona” simbolica che la aiutasse in quel momento di grande difficoltà.
Lo gnomo vecchio e disperato ritorna bambino e cresce in pace nella casa della vecchina. Poi riprende il suo posto nel mondo degli gnomi, che è il suo proprio, dove ora può sentirsi a casa e ben accetto e far parte integrante di una comunità di pari.
La fiaba poi continuerà sulle classiche linee dell’incontro con una principessa-gnoma e con altre vicende, ma quello che mi sembra significativo in termini di rappresentazione della colite è che fin dal tempo in cui la fiaba è entrata nella fase dello gnomo-bambino che cresce al sicuro, si è verificata una vistosa remissione dei sintomi con la scomparsa degli episodi di diarrea e con un progressivo riequilibrarsi della funzione intestinale.
Paola Santagostino
Per contattare l’autrice
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Questo caso clinico è tratto dal libro “Guarire con una fiaba” Ed. Universale Feltrinelli di Paola Santagostino, Psicologa, Psicoanalista, Psicoterapeuta specializzata in Medicina psicosomatica tiene Corsi di fiabaterapia e consulenze individuali